tr?id=5534450736609737&ev=PageView&noscript=1 Problem Solving in Azienda, Cos'è e Come Insegnarlo? Problem Solving in Azienda, Cos'è e Come Insegnarlo?

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Aiutiamo gli Operations Managers a Concepire e Realizzare le Loro Visioni Industriali Fondate sulla Cultura Lean Manufacturing

Aiutiamo gli Operations Managers a Concepire e Realizzare le Loro Visioni Industriali Fondate sulla Cultura Lean Manufacturing

COS’É UN PROBLEMA?

Prima di immergerci nelle spiegazioni di cosa è il problem solving vogliamo iniziare con il capire cos’è un problema.

Un problema è una costruzione mentale che nasce nel momento in cui ci poniamo un obiettivo da raggiungere, ossia vogliamo passare da uno stato ad un’altro.

Ogni volta che abbiamo un’idea di obiettivo da raggiungere e cominciamo a immaginare il cambiamento necessario a raggiungere l’obiettivo cominceranno a sorgere nella nostra mente tutta una serie di idee relative a quello che ci può impedire di raggiungere quel cambiamento e di conseguenza l’obiettivo.

Le idee e considerazioni che capiamo essere degli ostacoli per il raggiungimento dell'obiettivo sono le costruzioni mentali che chiamiamo “Problemi”.

Dal punto di vista linguistico un problema è una “nominalizzazione”, ossia una pura costruzione mentale fatta di più idee alle quali la nostra mente cerca di appiccicare un’etichetta (la nominalizzazione) per renderla più semplice da capire ma che non corrisponde a qualcosa di tangibile e oggettivabile e per questo non esiste fisicamente nella realtà.

Credo che nessuno abbia mai trovato un kg di problemi nel frigorifero o sia mai inciampato su un problema camminando per strada.

Essendo una costruzione mentale; il problema risiede solo nella mente delle persone che lo hanno costruito ma non di altre.

Se non sappiamo come raggiungere un obiettivo abbiamo uno o più problemi ma se sappiamo come fare per arrivare a raggiungere l’obiettivo il problema o i problemi spariranno.

COS’È IL PROBLEM SOLVING?

Il problem solving è l’attività mentale che ci permette di trovare le soluzioni ai problemi che riteniamo ci impediscano di raggiungere l’obiettivo desiderato.

A seconda di quanto sia difficile raggiungere l’obiettivo preposto e quanto grandi sono i problemi che dovremo risolvere possiamo scegliere se utilizzare un metodo oppure no di problem solving.

Problem solving senza metodo

Tutte le persone fanno del problem solving. Dall’organizzare il viaggio di lavoro a trovare il sostituto per l'assenza di un operatore in un turno, passando per trovare le soluzioni per effettuare la riparazione di qualcosa che si è rotto, etc. tutti noi passiamo la giornata a fare del problem solving.

È solo quando siamo in momenti di relax o che compiamo routines di cui abbiamo abitudini consolidate da lungo tempo che non facciamo problem solving.

In questo contesto il tipo di problem solving che si fa normalmente è individuale, senza un metodo o processo preciso; ci si affida alla nostra esperienza al nostro inconscio e alla logica.

Problem solving con metodo 

Il problem solving strutturato diventa necessario quando gli obiettivi da raggiungere sono sfidanti, le persone coinvolte dai processi sono molte e i problemi da risolvere che emergono richiedono soluzioni mai trovate prima.

Il problem solving con metodo potrebbe essere necessario fin dal momento successivo al quale si annuncia di voler raggiungere un obiettivo, infatti potrebbe essere necessario costituire un gruppo di lavoro solo per studiare l’obiettivo e i problemi che ne derivano.

È soprattutto in un contesto nel quale si devono risolvere i problemi insieme e trovare soluzioni condivise che si ha bisogno di trovare un processo di problem solving riconoscibile da tutto il gruppo di lavoro.

Se il gruppo di lavoro non lavorasse con un qualche metodo di problem solving, il processo stesso sarebbe in balia delle individualità più forti e della parzialità di vedute che ogni componente del gruppo di lavoro inevitabilmente ha.

Il problem solving fatto con metodo garantisce: l’ordine del fluire dei pensieri di tutti i componenti di un team, i brainstorming  per la ricerca delle soluzioni, la priorizzazione delle soluzioni e la misurazione dei risultati.

Stati emotivi e problem solving

Ogni volta che proiettiamo nella nostra mente l’immagine o il film di quello che vogliamo raggiungere la mente ci manda di ritorno la lista dei problemi che dobbiamo risolvere per raggiungere quello stato.

Se il problema è conosciuto perché già affrontato prima e rientra nelle nostre competenze, la lista sarà chiara e ben definita; lo stato emotivo conseguente che può insorgere in noi stessi dal sapere cosa e come fare per risolvere il problema potrebbe andare dal neutro (nessuna emozione) al positivo (in quanto sappiamo come fare) ma se invece il problema non è mai stato affrontato prima, la lista delle cose da fare per superare il problema risulterà incompleta e imprecisa al punto tale che potremmo neanche sapere di quale competenze o risorse abbiamo bisogno per risolvere quel problema, in quel caso lo stato emotivo che insorgerà potrà andare da uno stato di inquietudine ad una vera e propria paura.

Questa dinamica fa sì che certi soggetti possano reagire più o meno bene nel momento in cui si diano loro dei problemi da risolvere o siano coinvolti in gruppi di lavoro creati per risolvere problemi.

Problem solving e fiducia in se stessi  

Se percepiamo che il problema o i problemi che ci stanno impedendo di raggiungere il nostro obiettivo, sono troppo numerosi o grandi per noi, potremmo avere la reazione di fuggire dal cambiamento e dai problemi connessi ad esso, ma se abbiamo sufficiente confidenza nelle nostre risorse, capacità o in quelle del team che ci circonda allora potremmo avere il coraggio di abbracciare veramente il cambiamento proposto e cominciare il percorso di problem solving per raggiungere l’obiettivo desiderato.

Quindi, l’attività di problem solving può essere minata fin dall’inizio a seconda della fiducia che si ha in se stessi e nel team di collaboratori che ci circonda.

Da queste considerazioni ne deriva che in un’azienda dove il clima emotivo instillato nei collaboratori, sia di: paura, insicurezza e incertezza non si possono sviluppare le normali attività di problem solving che fanno avanzare l’azienda.

PROBLEM SOLVING E VITALITÀ DELL’AZIENDA

L’ azienda è il contesto nel quale a causa della necessità di competere con altri soggetti economici e produrre valore per i clienti, l’entità e il numero di problemi che sorgono dovrebbe essere massima.

Se un’azienda si pone continuamente degli obiettivi e li condivide con i collaboratori allora possiamo considerarla in piena vitalità ma se in azienda non ci si pongono idee di miglioramento, cambiamento, obiettivi, stati o mete da raggiungere allora non possono sorgere problemi e in conseguenza di questo probabilmente dovremmo considerare che l’azienda o è già morta oppure sta andando verso questo stato.

Managers e problem solving

Alcuni manager alla domanda: quali problemi avete nella vostra area? Rispondono che non hanno problemi oppure che sono minimi, questo indirettamente denota il fatto che non si pongono più obiettivi o mete interessanti da raggiungere, e questo di conseguenza fa emergere il fatto che la vitalità dell’area di cui sono responsabili non è al massimo.

Se si vuole capire dall’esterno lo stato di vitalità di un’azienda possiamo farlo osservando 2 fattori:

  1. La qualità degli obiettivi che l’azienda si pone a tutti i suoi livelli.

Se gli obiettivi non sono sufficientemente sfidanti la mole di problemi che nascerà sarà piccola e ci si troverà con un insieme di collaboratori che lavoreranno senza dinamismo e senza una visione interessante da perseguire.

  1. La diffusione e la quantità di attività di problem solving che si svolgono al suo interno.

Se gli obiettivi sono sufficientemente sfidanti ma non si da modo ai propri collaboratori di lavorare in modo capillare e organizzato seguendo un metodo di problem solving, allora gli obiettivi resteranno lettera morta e creeranno solo frustrazione e scarsi risultati.

Nel caso in cui’ però, gli obiettivi sono interessanti e sufficientemente sfidanti e si da tutto il supporto necessario ai propri collaboratori affinché lavorino in modo strutturato, organizzato e seguendo una metodologia di problem solving; allora i risultati saranno senz’altro ottimi e la vitalità dell’azienda sarà talmente vibrante che questa sarà percepita anche all’esterno dei propri confini.

Manager ricchi e manager poveri

I manager ricchi sono quei manager che ti raccontano dei loro obiettivi e dei loro problemi.

Sanno che un’azienda diventa tanto più ricca tanto quanto è capace di trovare soluzioni ai problemi dei propri clienti.

Sono anche quei manager nella cui area, appena vi si entra, si vedono subito in spazi appositi, quali sono gli obiettivi a cui stanno mirando tutti i collaboratori e i trend dei progressi di avvicinamento al raggiungimento degli obiettivi.

Oltre alla parte visual relativa agli obiettivi ed ai trend di raggiungimento è inoltre chiara e visualizzata la struttura e l’organizzazione delle attività di problem solving.

I manager poveri sono quei manager che non ti dicono gli obiettivi a cui stanno lavorando (se ne hanno..) e men che meno ti raccontano dei problemi che devono risolvere. Lo fanno perché sotto sotto hanno paura del giudizio degli altri e per questa ragione tendono a nascondere e a non sollevare problemi. Una tale mentalità porta l’azienda a non lottare per trovare le soluzioni ai problemi dei clienti e quindi a lungo andare questo impoverisce l’azienda.

Nella loro area, non si vedono visualizzazioni degli obiettivi e i relativi trend di raggiungimento, di conseguenza non sono evidenti le attività di problem solving che forse qualcuno o qualche team sta conducendo da qualche parte.

GUIDARE L’AZIENDA CON IL PROBLEM SOLVING

Secondo Masao Nemoto, famoso manager giapponese ex Toyota e autore di “Total Quality Control for Management” in azienda ci sono 3 tipologie di attività alle quali partecipano in proporzione diversa tutti i collaboratori dell’azienda.

Le attività sono le seguenti:

  1. Attività di esecuzione, rispetto e controllo degli standard esistenti
  2. Miglioramento degli standard e delle procedure di lavoro
  3. Innovazione dei processi e delle modalità di produzione del valore

Nemoto e problem solving

A ognuna delle funzioni aziendali spetta una quota di attività proporzionale alla propria funzione.

Come si può inoltre notare, le attività di miglioramento, hanno una quota importante e riguardano il numero di addetti più alto in azienda.

In questo contesto le attività di miglioramento sono attività di problem solving eseguite secondo la metodologia che l’azienda sceglie.

Nell’azienda guidata dal problem solving ogni collaboratore deve avere nella sua agenda di lavoro un numero di ore giornaliero o settimanale nelle quali partecipa a workshop di miglioramento nei quali si studiano e si trovano le soluzioni migliorative che portano a raggiungere gli obiettivi assegnati.

La differenza di performances tra un’azienda che applica il problem solving strutturato e una che non lo applica è enorme.

Obiettivi, problem solving e agenda standard

Molte aziende hanno obiettivi e indicatori per ogni area aziendale e spesso questi sono consultabili in software nella rete aziendale.  A questa abbondanza di tecnologia molto spesso manca un calendario strutturato dove è previsto che con regolarità alcuni slots temporali siano occupati da gruppi di lavoro che si riuniscono regolarmente per fare attività di problem solving.

Per sapere se un’azienda ha già integrata la cultura del problem solving strutturale basta chiedere di farsi mostrare l’agenda standard di qualsiasi collaboratore e verificare a quanti slots regolari contenenti sessioni di problem solving il collaboratore debba partecipare.

TIPI DI PROBLEMI E TIPI DI PROBLEM SOLVING 

Sebbene si possa appoggiare su una metodologia unica, un’attività di problem solving all’interno dell’azienda può assumere diverse configurazioni e questo in funzione del tipo di problemi che si devono affrontare.

Tipi di problemi

Nella realtà aziendale possiamo avere 4 tipi di problemi:

  1. Problemi che richiedono azioni di tipo rimedio, urgenti
  2. Problemi che si devono risolvere perché ci sono deviazioni da uno standard di performance predefinito.
  3. Problemi che si devono risolvere perché si ha bisogno di raggiungere un livello di performance superiore rispetto all’attuale.
  4. Problemi che si devono risolvere perché si vuole provocare un cambio di paradigma e per questo si ha bisogno di operare cambiamenti sistemici.

Per ognuno di questi tipi di problemi si devono mettere in campo attività di problem solving strutturate adeguatamente in termini di risorse di tempo a disposizione e tipo di competenze necessarie.

Problem solving per problemi di tipo 1 

Il problem solving che mira a risolvere problemi urgenti cioè di tipo 1 è situazionale basato sull’esperienza e mira solo ad arrestare momentaneamente il problema/danno che si sta subendo. Non mira a far si che il problema non si ripeta in quanto questa attività di problem solving richiederebbe più del tempo che si ha disposizione in una situazione di emergenza.

Questo tipo di problem solving è piuttosto legato all’individuo che a un lavoro di team in quanto è l’individuo che si accorge del problema per primo e che deve intervenire immediatamente per arrestare il problema.

I problemi che si possono risolvere con questa attività sono ad esempio: apparire di difetti qualitativi, guasti a macchinari, rischi di incidenti legati alla sicurezza. Tutti interventi che richiedono un intervento (problem solving) immediato.

Problem solving per problemi di tipo 2

Nei casi di problemi di tipo 2, si devono risolvere problemi legati ad una variazione di performance negativa rispetto a precedenti standard già ottenuti o attesi.

Con questo tipo di problemi si deve usare il pensiero di tipo critico/logico per analizzare cosa rispetto ad uno standard precedente non sta più funzionando.

Solitamente necessità di un gruppo di lavoro che ha competenze molto specifiche in merito all’area dove si registra il problema.

Al gruppo è fondamentalmente richiesto di capire cosa non funziona rispetto a prima, individuare la soluzione, applicarla e monitorare che la performance ritorni agli standard previsti o anche migliori.

Problem solving per problemi di tipo 3

I problemi di tipo 3 nascono quando si incontra l’esigenza di ottenere nuovi livelli di performance mai sperimentati prima. Per questo tipi problemi è richiesto una tipologia di problem solving che impieghi oltre al pensiero critico/logico il pensiero creativo.

Si ha bisogno quindi di un gruppo di lavoro che sappia andare oltre i paradigmi consueti non abbia paura di rompere con i vecchi schemi e abbia il coraggio di crearne di nuovi. Al solito processo di problem solving previsto per i problemi di tipo 2 va aggiunta una componente di processo che stimoli la creatività dei membri del team.

Problem solving per problemi di tipo 4

I problemi di tipo 4 si auto impongono quando si deve ridisegnare il business o si affronta un problema le cui soluzioni obbligano a ridisegnare diverse parti o tutto il business.

Questo tipo di problemi richiede un problem solving di tipo strategico. I componenti del gruppo di lavoro devono portare nel workshop il giusto grado di competenze al quale bisognerà associare tutti i tipi di pensiero visti prima, ossia il pensiero critico/logico e il pensiero creativo, aggiungendo però in fine la capacità di pensare in modo sistemico.

Anche in questo caso il processo di problem solving deve arricchirsi di un componente o modulo che stimoli ed esalti le capacità di pensiero sistemico del team.

Come si è visto sopra, organizzare un processo di problem solving non è una cosa semplice, bisogna tenere in considerazione i tipi di problemi che i collaboratori dell’azienda sono chiamati a risolvere e strutturare dei processi di problem solving ad hoc.

TECNICHE DI PROBLEM SOLVING

Quando si sente parlare di problem solving non si sente spesso parlare del processo di problem solving ma solo di alcune tecniche isolate che si utilizzano all’interno di esso.

Ogni tecnica, usata da sola, non è sufficiente a trovare delle buone soluzioni ma deve essere abbinata ad altre tecniche in una sequenza progressiva.

Qui’ di seguito riporterò alcune tecniche conosciute ed insegnate dai consulenti di Kaizen Coach International ltd nell’ambito del processo di problem solving chiamato Kobetsu Kaizen.

Le tecniche descritte sono usate nell’esatta sequenza riportata.

Tecnica per la Definizione del problema

“Il modo con cui è formulato il problema puo’ fare una grande differenza per il successo” Edward De Bono, Lateral Thinking

Questa tecnica utilizza una serie di domande che hanno lo scopo di ben definire il problema e di creare una percezione condivisa del problema a partire dai punti di vista dei partecipanti al team di problem solving.

Descrizione del problema attraverso la serie di domande 5W2H.

  • Cos’è il problema?
  • Perchè dobbiamo risolvere il problema?
  • Dove succede il problema?
  • Quando succede il problema?
  • Chi è testimone del problema?
  • Come succede il problema?
  • Quanto vale il problema

Tecnica per la Ricerca di Tutte le cause possibili

Utilizzando il diagramma di Ishikawa si percorrono tutte le categorie delle 6 maggiori cause di un problema chiedendosi in base alle proprie conoscenze quali possono essere le cause possibili del problema.

Mano a mano che si dichiarano le cause possibili, le si andrà ad assegnare nel diagramma in corrispondenza della causa maggiore a cui appartengono.

Alla fine del brainstorming sulle cause possibili facilitato dal supporto del diagramma di Ishikawa si avrà la mappa di tutte le cause possibili e si potrà cominciare a scegliere su quali cause possibili conviene andare a lavorare al fine di arrivare alle cause radice.

Tecnica per la Ricerca delle cause radice di un problema

La tecnica dei 5 perché.

Partendo dalle cause possibili scelte, la tecnica dei 5 perché consiste nel chiedersi per la causa possibile scelta perché la causa possibile si è verificata e di continuare a chiedersi il perché del perché per un numero ideale di almeno 5 volte.

Ci si chiede almeno 5 volte perchè, in quanto si ritiene che questo sia un numero di volte ampiamente sufficiente per arrivare in modo sicuro alla causa o alle cause radice.

Arrivati alla formulazione delle cause radice, si troverà naturale cominciare ad annunciare le soluzioni per ogni causa radice del problema che stiamo cercando di risolvere.

Alla fine dell’utilizzo di questa tecnica dovremmo trovarci con un buon numero di soluzioni da implementare e con la domanda: quale mi conviene implementare per prima?

Tecnica per dare priorità alle soluzioni trovate

Usando la matrice delle priorità si andrà a posizionare (avendole scritte su dei post it) ogni soluzione nel quadrante della matrice a cui essa corrisponde. I quadranti della matrice esprimono le priorità di implementazione in base ai criteri di fattibilità ed impatto sulla soluzione del problema.

Al termine di questo processo possiamo trascrivere le soluzioni da implementare in un piano d’azioni nel quale assegneremo la responsabilità di pilotare l’implementazione della soluzione ai partecipanti del team più adatti.

Per i processi di problem solving progettati per risolvere i problemi di tipo 3 e 4 si utilizzano anche altre tecniche che hanno a che fare con l’utilizzo di tecniche per ricavare soluzioni con l'utilizzo della mente inconscia e l’utilizzo di tecniche per stimolare la creatività.

COME FACILITARE IN AZIENDA LA CULTURA DEL PROBLEM SOLVING

Facilitare l’adozione della cultura del problem solving in azienda è un'operazione che deve essere preparata in anticipo stabilendo:

  • Gli scopi di implementare la cultura del problem solving
  • Il perimetro nel quale si vuole implementare la cultura del problem solving
  • Definire il perimetro per un “first trial” di implementazione
  • Assicurarsi che ci sia già in essere una griglia di obiettivi assegnati ai collaboratori facenti parte del perimetro e un sistema di monitoraggio dei trend di raggiungimento.
  • Scegliere i moduli formativi di problem solving più adatti alla situazione dell’azienda.
  • Stabilire un piano di formazione, fatto di workshops nei quali si formeranno dei facilitatori che a loro volta formeranno nel tempo i collaboratori dell’azienda.
  • Avviare il piano di formazione, monitorarlo nei suoi risultati e se dopo il primo trial si ritiene di avere avuto successo curare il deployment dello stesso alla restante area dell’azienda.

Vista la complessità di un progetto del genere consigliamo di avvalersi della consulenza e del supporto di professionisti riconosciuti.